I DUE TESTIMONI

Il capitolo 11 dell’Apocalisse è generalmente conosciuto come quello che riguarda i due misteriosi personaggi che la stessa scrittura, per bocca del profeta ma su indicazione superiore, definisce “I Due Testimoni”. Pur tuttavia vi è anche una parte in esso che riguarda lo stesso Giovanni, parte che viene generalmente tralasciata e ignorata da esegeti e studiosi, ma che ha tutta la parvenza di essere una premessa “preparatoria” alla narrazione dell’avvento dei Due Testimoni. Già dal decimo capitolo, lo stesso Giovanni, è reduce di fatti, che in una struggente e potente simbologia, lo coinvolgono in prima persona: su invito di “una voce dal cielo” va a prendere dalle mani dell’Angelo che sta “con il piè destro sul mare e con il sinistro sulla terra”, un libretto aperto che lo stesso angelo gli dice di divorare, anticipandogli che in bocca gli sarà dolce come miele ma amaro nelle viscere; subito dopo gli viene detto che è necessario che egli profetizzi di nuovo sopra molti popoli e nazioni e lingue e re. Il che con estrema  chiarezza, senza inutili perifrasi e oziose “circumnavigazioni” mentali, vuol dire che al nostro Evangelista si sta affidando una missione. Di cui il “libretto divorato” ne é oggetto con istruzioni e spiegazioni, che divengono “dolcezza” per la gioia e l’entusiasmo di servire il Piano di Dio,  ma comportano anche l’asprezza dell’amaro per il peso del compito e le difficoltà da affrontare in esso.

Un compito che, come parimenti lo fu per il Battista in virtù dell’annuncio fatto da l’angelo a Zaccaria, l’ultra novantenne Giovanni non poteva espletare ne espletò in quegli anni, ma, con buona pace di molti, avrebbe portato a termine nel tempo a venire, anche a ridosso degli eventi escatologici, e con altre umane vestigia. So bene di come sarà imbarazzante comprendere ciò per le tantissime vittime, ingannate dalle abominazioni partorite dagli adulteri conciliari del VI° secolo, ma la figura dell’Apostolo in questione si trova al centro anche di altri episodi “misteriosi” che, per la probabile difficoltà di comprensione e quindi di spiegazione, vengono sempre trascurati e quasi ignorati dallo studio e dall’esegesi.

Nella parte finale del vangelo dello stesso vi è descritto del suo “arcano” destino, dalle stesse parole di Gesù oramai risuscitato: alla domanda di Pietro su cosa ne sarebbe stato di Giovanni, il Maestro seccamente risponde “Se voglio che rimanga finch’io venga, che t’importa?”. Cosa che, come viene raccontato, ingenerò tra la comunità la convinzione che l’evangelista non sarebbe morto, ma come precisa lo stesso, “… Gesù non avea detto che non sarebbe morto”, ma disse ‘Se voglio che rimanga finch’io venga … ’. Un concetto che ci sembra affine, per sostanza, allo stesso proferito dal Cristo in Matteo 16,28: “In verità vi dico che alcuni di coloro che son qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbian visto il Figliuol dell’Uomo venire nel suo Regno”. Verità queste, rivelate dal Signore in persona, che  la limitatezza di quella teologia nata con la menzogna e diffusa nell’ignoranza tra le Chiese Tradizionali, difficilmente riuscirà a comprendere e considerare. Poiché il Cristo sta parlando di qualcosa di profondamente iniziatico che riguarda alcune prerogative dei cosiddetti “Mutanti“, così come Eugenio li definiva: alcuni Spiriti particolari che hanno un compito speciale, chiamati Mutanti perché hanno la possibilità, arrivati ad una certa età o quando le circostanze lo richiedano, di lasciare il proprio corpo, ed essendosene già scelto un altro in precedenza, di passare a compenetrare e guidare un altro essere vivente. E la elegante puntualizzazione di Gesù del ‘…non gustar morte…sta a significare che in questo straordinario trasferimento dell’entità animica-spirituale non si passa attraverso i naturali processi del post mortem, rimanendo coscienti di sé e della trasmigrazione.

Giovanni, che con il fratello Giacomo, il Maestro soprannominò boanerges ovvero “figli del tuono” per l’irruenza dei caratteri, figlio del mite Zebedeo e dell’indisponente Salomè, è figura centrale anche nel riquadro che lo vede ai piedi della Croce insieme alla madre di Gesù, la cognata di lei e Maria Maddalena. Laddove il Cristo in croce proferisce la famosa frase “Donna, ecco il tuo figlio”, rivolto alla  Madonna, e contestualmente all’Apostolo dicendogli e indicandogli Maria “Ecco tua madre”. La qual cosa, che potrebbe apparire come la estrema volontà di un benevolo affido filiale e materno, cela in vero un significato molto profondo di Custodia e al tempo stesso di Consegna, che pochi conoscono. La relazione tra Gesù e il discepolo che amava più degli altri è particolarissima: un intimo rapporto di natura spirituale-operativa che, nel Tempo, i veri “sacerdoti” della Chiesa Iniziatica hanno sempre saputo, ma che nei dogmi della dottrina e nell’esegesi teologica non è mai comparso.

Ci venne detto che: “Durante il Battesimo praticato dal Battista, che è propedeutico a quello che Eugenio definiva ‘il processo di cristificazione dell’Uomo Gesù’ attraverso la prodigiosa narrata discesa dello Spirito Supremo nell’approssimativa “guisa di colomba” , vi era presente, tra gli altri, anche il giovanissimo Giovanni di Zebedeo. con molta probabilità già discepolo del battezzatore. E quando quest’ultimo, Giovanni il Battista, cugino di Gesù, immerse lo stesso Gesù nell’acqua del Giordano, questi perse i sensi come quasi spirato… Furono degli istanti solenni e incredibili al tempo stesso, poiché avvenne che parte dello spirito dell’Uomo Gesù passò a coabitare con quello del nostro futuro Evangelista (un precedente biblico ci narra di un qualcosa di simile avvenuto tra Elia ed Eliseo – ndr), mentre lo Spirito Cristico prende dimora nell’Uomo Gesù che pare rivitalizzarsi allo scendere dall’alto del Sacro Spirito accompagnato da possente voce, emergendo così dall’acqua come le scrittureattestano.

Ciò vuol dire che a Giovanni viene passato il ‘testimone’, in ragione delle alte cariche della Gerarchia, del “Garante Planetario” di questa Umanità, che poi lui citerà con la biblica espressione di “Signore della Terra”, in luogo di Gesù che viene personificato dal sommo Spirito Cristico. Ecco spiegati anche i motivi del famoso affido sotto la croce e della predilezione, al tempo stesso forte affinità spirituale, che il Maestro aveva con Giovanni, in cui conviveva parte di se stesso”.

Cosicché, tornando al Capitolo Undici, vediamo Giovanni nel pieno della sua “missione”, investito di un compito particolarissimo e grande nella sua solenne annunciazione: “Poi mi fu data una canna simile a quella d’un agrimensore e mi fu detto: Alzati e misura il tempio di Dio e l’altare e quelli che in esso vi adorano. Ma escludi il cortile che è fuori del tempio, e non lo misurare, perché esso è stato dato in mano alle nazioni, le  quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi”. Con una simbologia chiara e potente all’Evangelista viene richiesto di tracciare i perimetri della vera e autentica spiritualità al cospetto dell’Altare di Cristo, con tutti coloro che in esso son ferventi e son stati destati dal “sonno” dei morti che sotterrano i morti. Liberamente traducendo possiamo anche dire risvegliati attraverso la Sapienza Spirituale della Grande Aquila Giovannea, ne l’approssimarsi degli avvenimenti finali che precederanno il Ritorno del Signore e l’instaurazione in Terra del suo Regno Millenario, giacché il tempo è venuto. Il “tralasciare” dalla “misurazione” il cortile esterno del Tempio, ha il significato dell’esclusione da questo programma della superficiale e apostata religiosità, coartata dai poteri temporali che calpestano la vera dimensione spirituale. Un’intuizione che ebbe anche il grande predicatore William Branham quando sosteneva che “la Sposa (la Chiesa – ndr) deve essere chiamata fuori … perché deve essere messa in ordine per l’ultimo giorno, senza credi né denominazioni, legami o altro”, cosa che ci ricorda bene la Donna vestita del Sole, cui vengono date le “Ali della Grande Aquila” per sfuggire, e sopravvivere, all’ira del Dragone.

“L’attivazione”, in vista della Parusia, di un Programma ben preciso di “segnati” quindi, volto alla preparazione di un Popolo ben disposto al Signore, che i due successori guideranno con la loro predicazione e nella loro delicata missione, ultima battaglia contro il Male. Giacché il Rinnovamento del Mondo, nella luce di Cristo, sorgerà dallo Spirito Giovanneo. Di fatto, dopo l’incarico affidato al precursore Giovanni “Io concederò ai miei due testimoni di profetizzare, ed essi profetizzeranno, vestiti di sacco, per milleduecentosessanta giorni. Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno al cospetto del Signor della terra”. E qui, anche in virtù dei fatti che sono sopra stati esposti, va rivelato che a parlare in prima persona è lo stesso Giovanni, seppur con la modestia del suo stile che non ama mai auto referenziarsi, presentando i suoi Due Testimoni come referente del mandato che, per quanto dagli scritti a noi consta, viene “rivelato e sancito”, oltre che nel Giordano soprattutto sotto la Croce, seppur in una forma che ovviamente a tutti appare veramente criptica e certamente non di facile ed immediata comprensione.

Si, ma chi sono i Due Testimoni?

Anzitutto chiariamo che nella Bibbia non ne viene mai rivelata chiaramente l’identità, anche se in essa esistono riferimenti diretti o indiretti alle loro figure.                                                                                 I più dettagliati sono indubbiamente quelli relativi al cap. 11 dell’Apocalisse che abbiamo iniziato ad esaminare e che descrivono succintamente la loro missione vestiti di “sacco”, simbolo di essenzialità evangelica e di penitente sollecitazione al ravvedimento. Poi esiste un richiamo importante nel capitolo 4 del veterotestamentario Zaccaria, dove alla pressante domanda del profeta su cosa fossero o significassero i due rami di olivo a destra e a sinistra del candelabro d’oro, che stanno accanto ai due condotti da cui è fatto defluire l’olio dorato, l’Angelo risponde: “Questi sono i Due Unti che stanno presso il Signore di tutta la terra”. Anche qui ci si immerge in una simbologia che trascende, con il Candelabro sinonimo di Luce e i rami di olivo e l’olio dorato che ci dicono dell’Unzione da Dio.

Un altro passo, nei sinottici, dove si ritiene una più che probabile presenza di questi due personaggi, è quello relativo al prodigioso evento della Trasfigurazione, che sbigottì e a tratti impaurì anche i poveri Giovanni, Giacomo e Pietro. Che li videro i Due, “entrare” in una “nube” che tutti coperse con la sua ombra, così come saranno visti dai loro nemici salire in cielo su una “nuvola”, al compimento della loro missione. In questo episodio evangelico già si fanno i nomi di Mosé ed Elia, i quali da alcuni studiosi sono stati opportunamente collegati, sotto l’influsso di quanto diremo dopo, ai famosi Testimoni degli ultimi tempi.

                                                                                 In verità è universalmente risaputo che coloro di cui stiamo parlando sono gli spiriti di due celebri figure bibliche, ENOCH ed ELIA, la cui reale identità, rivestita da nuove forme umane in due uomini divenuti già anziani, sarà manifesta a tutti, non per autoreferenziale enunciazione, ma per il fattivo adempimento della missione profetizzata in perfetta sintonia con la vera etica di Cristo.

Ma a questo punto è utile anche conoscere come siano stati individuati i Due Testimoni del Capitolo 11 nelle personalità di Enoch ed Elia, considerando che nei Canoni biblici ciò non viene mai esplicitato.

Con tanta buona pace di quanti vi hanno costruito attorno castelli esegetici, con una ridda di citazioni e contro citazioni bibliche spesso inopportune anche se apparentemente ricavate dalla Scrittura, il chiaro merito dell’identificazione dei Due Testimoni in Enoch ed Elia è da attribuire a scritti dei primi secoli considerati Apocrifi, e a molte della cosiddette Rivelazione Private di tutta l’era cristiana. In diversi manoscritti ritenuti apocrifi, tra cui ricordiamo “La storia di Giuseppe il falegname”, la “Apocalisse di Elia” del IV° sec., il “Vangelo di Nicodemo” o “Atti di Pilato” e l’importante “Apocalisse di Pietro” del II° sec., si parla chiaramente della venuta al tempo della fine di Enoch, riconosciuto anche come Mosè, e di Elia, o il Battista, che opereranno, insieme alle loro compagne Shila e Tabita, per combattere gli errori e gli orrori dell’Anticristo, togliendone la maschera dal volto, ovvero additandone la natura pubblicamente. Una serie di particolari molto importanti che, oltre ad armonizzarsi con il tracciato profetico di Giovanni, trovano eco e ulteriori dettagli nelle divulgazioni “particolari” di mistici e veggenti.

Ed a coloro, le vittime di cui sopra delle blasfemie conciliari, che obiettano che Mosè non potrebbe essere tra i Due in quanto morì, a differenza di Enoch ed Elia che vennero “presi” da Dio e dal Carro di Fuoco e quindi non avrebbero gustato morte sin d’allora, e sarebbero, secondo loro, ancora con il loro originario corpo pronti a presentarsi per la “testimonianza” finale, ribadisco senza ricorrere, per loro tranquillità, alle spiegazioni della Legge della Rinascita, dicendo che: anche Elia morì, decapitato, quando si presentò come Giovanni il Battista, una sola e medesima identità spirituale personificata dai due, come attestano le parole dell’angelo a Zaccaria e soprattutto del Maestro ai suoi, a meno che non vogliate ancora continuare a mettere in dubbio ciò che apertamente asserì il Cristo; inoltre, sulla falsariga del “precedente biblico”, cosa tanto cara a voi e per la verità lo era tanto anche ai Farisei, vi ricordo che Iddio può risuscitare dai morti chi ritiene, come comprovano i casi di Dorcas/Tabita, il giovane figlio della “madre vedova”, Lazzaro e la figlia di Jairo; infine l’onnipotenza di Dio non ha certo bisogno del discrimine esegetico per individuare due uomini e farli procedere con dinnanzi lo spirito di Mosé/Enoch e di Elia/Giovanni, affinché gli rendano testimonianza.                                                          Dichiariamo dunque, senza tema e senza indugio, che i “Due Testimoni” che presenta il libro della Rivelazione, sono gli Spiriti eccelsi, Unti dal Signore, che abbiamo conosciuto nelle umane spoglie  di Enoch o Mosè e di Elia o Giovanni Battista, e in tantissime altre sino ai nostri tempi, poiché anch’essi parte di quella schiera “mutante” che come sosteneva Gesù “… non gusteranno la morte, finché …”.

                                                                                             Il periodo escatologico della loro comparsa sarà quello dell’ascesa del regno dell’Iniquo e sconfinerà in buona parte dei tristemente famosi “tre anni e mezzo” della Grande Tribolazione, come lapidariamente ci puntualizza già dal VI° sec. il grande Benedetto da Norcia: “Durante i tre anni e mezzo del Regno dell’Anticristo, Dio manderà Enoch ed Elia per aiutare i cristiani“. O come ci confidano, con spiccata tonalità pessimistica, i vaticini della veggente contemporanea Vassula Ryden: “Al tempo degli ultimi giorni, vi invierò Mosè ed Elia, ma la vostra generazione non li riconoscerà. Essi non li ascolteranno, ne li comprenderanno, ma li disprezzeranno e li rigetteranno come hanno respinto me, il Messia, e come hanno respinto Giovanni il Battista come colui che è venuto prima di me”. Ciò fa presupporre che non sarà di certo la grande massa a seguirli, ma un ridotto, anche se considerevole nella sua qualità, numero di anime che troveranno “risonanza” nel loro ministerio di rivelazione e di denuncia. Ma ci aggiunge la Valtorta che: “… predicando per le città condurranno all’ovile di Cristo un prodigioso numero di agnelle smarrite … a preparare il ritorno del Figlio di Dio, il Cristo, poiché alla sua venuta l’empietà e l’abominio della desolazione non siano come palude corrotta su tutta la Terra e in tutti i luoghi d’essa”. Anche Ildegarda di Bingen, lume di sapienza spirituale, quasi mille anni fa ci descrive delle sue visioni su Enoch ed Elia: “Dio rivela loro azioni e la condizione degli uomini così che essi possano guardarli con occhi compassionevoli. Grazie a questa particolare preparazione, questi due santi uomini sono più saggi di tutti i saggi della terra messi assieme”. Cancellando con ciò la suggestione di un’immagine biblica arcigna e oltremodo dura e severa, in quanto invece saranno ambedue l’amore e la carità personificati per i loro fratelli, con il dono raro di saper leggere nei cuori. Continua Ildegarda, dandoci notizie particolari su di loro: “Questi due uomini anziani saranno entrambi distinti per età e statura”. Chi rappresenta Elia alto, chi figura Enoch invece, più basso e con qualche anno in più. Dettagli che non sono sfuggiti neppure a Bruce Pennington che, nella sua opera profetica Eschatus, li raffigura in una mezza dozzina di tavole, con le caratteristiche evidenziate dalla santa tedesca.

La quale continua: “Dio affiderà loro il compito di opporsi all’Anticristo e di andare in aiuto di coloro che sono stati sviati dal cammino della salvezza. Entrambi diranno alla gente: ‘Questo individuo maledetto è stato mandato dal diavolo per sviare gli uomini e indurli nell’errore; ma Dio ora ci ha mandati per combattere le eresie di questo figlio della perdizione’. Essi si recheranno in tutte le città, e nei villaggi dove in precedenza l’Anticristo aveva diffuso le sue eresie, e attraverso la potenza dello Spirito Santo faranno meravigliosi miracoli, tanto che tutte le nazioni ne rimarranno grandemente stupite”. Il che ci chiarifica anche che il loro operato, pur in virtù di quanto di “prodigioso” manifesteranno, sarà di attenzione e di rilevanza planetaria, e consentirà a molti, credenti o meno, di avvicinarsi alla rinnovata Luce del Cristo Universale che proporranno.

Riprende Giovanni dalla sua Apocalisse: “Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici; e se qualcuno li vuole offendere bisogna ch’ei sia ucciso in questa maniera”. Non credo sia da interpretare letteralmente, ma in modo allegorico si descrive la potenza e la straordinaria capacità, frutto della pienezza del Santo Spirito di cui saranno pervasi, della lingua a due tagli con la quale potranno ferire e demolire chiunque li calunniasse o complottasse contro di essi, per essere da monito a tutti sino a quando non sarà giunto il loro momento.

Essi hanno il potere di chiudere il cielo affinché non cada pioggia, durante i giorni della loro profezia. Hanno pure il potere di mutare l’acqua in sangue e di percuotere la terra con qualsiasi flagello quante volte vorranno”. Qui evidentemente, oltre a riesumare gesta epiche di profeti come Mosé ed Elia, si dice apertamente di un potere che sarà in grado di “dialogare e comandare” agli elementi della Natura. Prerogativa del’Intelligenza Cosmica, che evidenziò anche nostro Signore, la qual cosa deve farci ben comprendere l’importanza e la grandezza dei Due Unti in seno alla Superiore Gerarchia.

La loro opera durerà milleduecentosessanta giorni ovvero tre anni e mezzo, stesso periodo di durata, univocamente riconosciuto, che avrà la cosiddetta Grande Tribolazione e identico a quello assegnato all’Anticristo e ai suoi per “calpestare” e negare spudoratamente ogni concezione del primato valoriale dello Spirito. Giacché negli anni precedentemente a ridosso sarà riuscito a sedurre e ingannare gli uomini, “… associandosi a re, principi, grandi e ricchi che disprezzano l’umiltà, avendo stima solo per l’orgoglio, e infine soggiogherà il mondo intero con mezzi diabolici” attraverso i poteri che gli derivano direttamente dal suo padre Il Dragone o Satana. “Marchierà”, mediante suadenti allettamenti, i corpi al fine di controllarne le menti e le coscienze, e “farà morire quelli che si rifiuteranno di credere in lui, tra i più grandi tormenti”. In mezzo a tutto ciò Enoch ed Elia avranno il compito di combattere questo figlio del male, ma contestualmente quello di ricondurre nella via della Verità la parte “redimibile” di quelli che egli aveva sedotto. Cosa che faranno, in questa ultima battaglia contro il Male prima dell’avvento del Re e del Regno, coadiuvati e confortati anche dal sostegno unitario che avranno saputo catalizzare attorno a loro, dei tanti figli della Luce e della Croce, giacché allora non vi sarà più divisione e disunione tra gli operai di Cristo. Fatto che già la Vergine prefigurò a Melania Calvat nel lontano 1846: “Infine, io chiamo gli apostoli degli ultimi tempi, i discepoli di Gesù Cristo che sono vissuti nel disprezzo del mondo e di loro stessi, nella povertà e nell’umiltà, nel disprezzo e nel silenzio, nella preghiera e nella mortificazione, nella castità e nell’unione con Dio, nella sofferenza e sconosciuti al mondo. È tempo che escano e vengano ad illuminare la terra. Andate e mostratevi come i miei cari figli; io sono con voi e in voi purché la vostra fede sia la luce che vi illumina in questi giorni di disgrazia. Che il vostro zelo vi renda come gli affamati per la gloria e l’onore di Gesù Cristo. Combattete figli della Luce, voi, piccolo numero che ci vedete, giacché il tempo dei tempi, la fine delle fini, é vicina. La Chiesa sarà eclissata; il mondo sarà in costernazione. Ma ci sono Enoch ed Elia, pieni dello spirito di Dio; essi predicheranno con il potere di Dio e gli uomini di buona volontà crederanno in Dio, e molte anime saranno confortate; essi faranno un grande progresso per virtù dello Spirito Santo e condanneranno gli errori diabolici dell’Anticristo”. Poiché saranno in grado di ricompattare teologicamente, al di fuori delle chiese rimaste in balia del “cortile fuori del tempio”, non solo tutta l’umanità cristianizzata, ma riusciranno, attraverso gli insegnamenti dello Spirito Giovanneo della Chiesa Iniziatica, a universalizzare a tutte le genti la figura Cosmica del Cristo e la trascendenza etica dei suoi veri insegnamenti. In una nota profetica del XVII° secolo, Dionisio di Lutzenburg ci specifica addirittura che Enoch si rivolgerà ai Musulmani e ad altre nazioni, mentre Elia chiamerà a Cristo gli Ebrei, che tanti studiosi vedono “convertirsi” appunto nel periodo della Grande Tribolazione ad opera dei Due Testimoni. I quali prepareranno quindi, seppur nei momenti peggiori e tremendi della Storia, un Nuovo Popolo ben disposto a Dio, adempiendo le parole del Maestro che prima della “fine” questo Evangelo del Regno, e non più della grazia, sarebbe stato predicato in tutto il Mondo. Tanto ché, ancora la nostra Ildegarda ci dice al riguardo: “Come se fosse una festa di matrimonio, i cristiani andranno verso la morte per martirio che il figlio della perdizione avrà preparato per loro, in un numero tale che quegli assassini non saranno neanche in grado di contarne i cadaveri, allora il sangue di questi martiri riempirà i fiumi”. Descrizione, questa ultima, abbastanza truce ma che purtroppo crediamo tragicamente reale nella sua letteralità, anche se di contro conforta la salvezza di tantissime anime che hanno preferito non abiurare ai valori dello Spirito e della Vita, scegliendo di lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello, per “riscattarsi” e godere del Regno che il Figlio instaurerà sulla Terra rinnovata.

E tornando al Capitolo 11: “E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall’Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore è stato crocifisso”. Al realizzare la loro missione di “segnatura e raccolta” in contemporaneità con la lotta all’impostura diabolica personificata dall’Uomo Iniquo, espressione purissima e tenebrosissima dell’Antico Serpente, probabilmente, secondo alcune profezie, dopo una lunga pubblica contesa e dopo essere stati anche traditi, verranno “vinti” e uccisi dalla Bestia che viene dal mare, simboleggiante l’individuo Anticristo ma anche il potente nucleo etnico ai suoi piedi che Giovanni, altrove, circoscrive con l’espressione “Sinagoga di Satana”. I loro corpi saranno esposti in mondovisione sulla piazza di una “città” definita grande e che secondo le indicazioni del profeta sembra essere Gerusalemme più che Roma. Ciò invero presupporrebbe la sede del Malvagio in quella stessa Gerusalemme dove venne crocifisso il Cristo, e in cui adesso, del Signore, se ne starebbero uccidendo anche i Due Unti. “Sodoma ed Egitto” potrebbero essere caratteristiche identitarie anche storiche, di abominio e ostinazione, per il rifiuto e l’oltraggio al sommo bene della redenzione spirituale, in luogo dell’esecrabile orgoglio della esclusività della razza e del potere dei beni della materia. Di sicuro Giovanni l’Evangelista, e anche Paolo, non sono stati mai teneri con gli Ebrei in genere, e con i Giudei in particolare.

Continuando: “Gli uomini dei vari popoli, e tribù, e lingue e nazioni vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro corpi morti vengano posti in un sepolcro. E gli abitanti della terra si rallegreranno per loro e faranno festa e si manderanno regali gli uni agli altri, perché questi due profeti erano divenuti il tormento degli abitanti della terra”. A parte l’affronto estremo nel proibire la sepoltura dei corpi, sintomo di odio e disprezzo immensi, questi versi biblici sono quelli che più ci rivelano di come veramente grande e mondiale sia la dimensione della missione di coloro che personificheranno gli spiriti di Enoch ed Elia, con un’attenzione massiva che non avrà pietà nemmeno della loro morte, anche se … momentanea. Il fatto di come si esulterà e si brinderà per la loro uccisione, la dice lunga sulla durezza di collo e lo status di dissoluzione di gran parte dell’Umanità, apostata della spiritualità e tremendamente insofferente a Cristo e ai suoi insegnamenti.

La conclusione: “Ma dopo tre giorni e mezzo, un spirito di vita procedente da Dio entrò in loro; essi si alzarono in piedi, e grande spavento cadde su quelli che li videro. Ed essi udirono una voce potente che dal cielo diceva loro: ‘Salite quassù’. Essi salirono al cielo in una “nube” e i loro nemici li videro. E in quell’ora ci fu un grande terremoto e la decima parte della città crollò e settemila persone vennero uccise nel terremoto; e i superstiti furono spaventati e diedero gloria al Dio del cielo”. La chiarezza descrittiva di tale epilogo non richiede particolari sforzi d’interpretazione, se si fa eccezione per la presenza della sempre provvidenziale nube che abbiamo opportunamente virgolettato, in quanto tutti sanno che si tratta di una sorta di camuffamento/mimetizzazione, dietro cui si celano vascelli Celesti, o non terrestri, che appartengono alle Legioni di Angeli cui si riferì diverse volte lo stesso Gesù. Affidiamo comunque un commento supplementare dei versi alle parole di santa Matilde di Hackeborn del secolo XIII: “… e i seguaci dell’Anticristo crederanno che tutti i pericoli siano passati, ma d’improvviso i corpi dei due profeti si muoveranno, si solleveranno, guarderanno sulla folla e inizieranno a lodare Dio. Si verificherà un grande terremoto, simile a quello che avvenne alla crocifissione del Cristo: Gerusalemme verrà parzialmente distrutta e a migliaia rimarranno uccisi. Allora una voce dal cielo griderà: ‘Ascendete’. In quel momento i profeti ascenderanno al cielo, e ciò causerà la conversione di molti. L’Anticristo dopo la loro ascensione regnerà per trenta giorni”.

Enoch ed Elia con le loro Shila e Tabita, sorgeranno dalle fila della Conoscenza Iniziatica Giovannea, e chiuderanno con la loro testimonianza il ciclo che prelude all’annientamento delle Bestie e all’incatenamento per mille anni del Dragone Satanico. Dopo lo scatenarsi nelle settimane finali dell’Ira di Dio, avverrà quindi la necessaria Purificazione atta a rendere il Pianeta rinnovato, ed accogliere la Nuova Vita nel Regno che lo stesso Cristo instaurerà.

              IL PRECURSORE DEI DUE TESTIMONI 

  “Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: Alzati e misura il tempio di Dio e l’altare e quelli che in esso vi adorano. Ma escludi il cortile che è fuori del tempio, e non lo misurare”  

<< La sua incredibile esperienza, oggi abbondantemente conosciuta, di contatti a vari livelli e di profondi stravolgimenti interiori lo portò sin da subito ad assumere una personalità e una coscienza che non erano più quelle di prima, insieme a delle conoscenze che affondavano le loro radici nel tempo perduto, e che potremmo definire di carattere iniziatico. Con ciò anche l’eccezionale dote del “verbo”, la parola, con cui, modulata in suoni o scritta in fogli, riusciva a stimolare e a risvegliare il ricordo e la coscienza di essere parte di un grande ed antico progetto per il cui epilogo si è chiamati a concorrere.
Non certo per ottenere il tribunalesco assenso dei predicatori di folle, ma una “taumaturgica” capacità mirata a suscitare il “risveglio”, insisto, di coloro che evidentemente portavano dentro di sé una particolare predisposizione. Per i quali, da lì a poco, sarebbe seguito un vero e proprio ridimensionamento cognitivo: rigetto dei normali valori del vivere a favore di quelli evangelici, forte sensazione di fratellanza con chi condivide la tua esperienza, predisposizione all’amore verso il prossimo, sentirsi fortemente parte del creato e del cosmo, desiderio insopprimibile di comunicare agli altri ciò che stai vivendo, grande considerazione dei passi dell’escatologia evangelica, desiderio di rileggere il Vangelo e percepirlo con più profondità verso lo spirito e non la lettera, considerazione dei fatti e degli eventi religiosi in maniera più consona e “compatibile” alla logica moderna del XX° secolo, ed altro ancora …
Cosicché si intuisce repentinamente anche che l’attuale parentesi ufo è chiaramente collegata a quella degli eventi prodigiosi della Bibbia ed anche di altri contesti storici, che riguardano altre epoche ed altre civiltà, che gli angeli del passato sono oggi quelli che chiamiamo, forse con termine meno appropriato di ieri, extraterrestri, e che se oggi sono qui è perché devono “mettere in atto” la Parusia, preparare il tutto per il ritorno del Maestro …
Era questo il “succo”, la finalità, che Eugenio Siragusa non mancava mai di evidenziare, senza remore e senza compromesso alcuno, a rischio, sovente, di essere deriso ed apostrofato anche come eretico.
Per quanto incredibile possa sembrare egli riteneva, e le circostanze concordano, di essere lui il biblico “profeta” che avrebbe avuto il compito di iniziare a radunare, come sostiene l’Apocalisse, i “viventi”, cioè vivi nello spirito.
Il tutto accompagnato anche da una miriade di scritti, spesso firmati in forma impersonale “Dal Cielo alla Terra”, che in se costituivano ammaestramento, consolazione, avvertimenti ed ammonimenti verso il popolo dei “risvegliati”, con un linguaggio ed uno stile quasi sempre dall’inconfondibile dialettica cristica, pagine sublimi di lirica altissima che rimangono scolpite nei nostri cuori e, nel documentabile, accessibili a chiunque. >> (Tratto da “La Memoria che Vale” di R.P. – 27 Agosto 2008)

Alcune dirette citazioni di Eugenio sui Due Testimoni

  • “Questi saranno i rivelatori, e sono nati, sono due uomini e due donne, sono: Enoch ed Elia, Shila e Tabita. Cristo stesso dice: ‘Loro aspettano con ansia il giorno e l’ora per rendere gloria a Dio con la propria vita’ A loro aspetta di rivelare l’anticristo”.
  • Dopo di me verranno Enoch ed Elia e saranno essi che additeranno la faccia dell’anticristo. Allora, sarà la sua fine”.                         
  • Enoch ed Elia, con il loro sublime sacrificio, daranno gloria al Signore affinché si avverino i suoi Divini Disegni per un nuovo mondo di Giustizia, d’Amore, di Pace e di Fratellanza. Temete, forze del male, temete! I Due Testimoni di Dio incateneranno il Principe di questo mondo, affinché l’amore di Cristo trionfi ed il Regno del Padre si stabilisca sulla Terra. In Verità vi dico: il Santo Spirito sarà la loro Luce, e la Potenza del Signore la loro forza. Temete, temete, forze del male!”

  • Possiederanno la fiammeggiante spada della Divina Giustizia e lo scettro del Potere di Colui che è. Quello che dovete fare farete, ma non prima che le loro spade abbiano colpito e squarciato la fitta rete delle diaboliche e malefiche opere. Quanto vi ricordo è stato detto e scritto. Beati coloro che con le loro opere si avvicineranno ai due testimoni del Signore e, con essi, vivranno e coopereranno nella lotta contro il male, l’odio, l’ingiustizia e la menzogna. Con il sublime sacrificio di questi due gioielli del Signore, la Gerusalemme Celeste prenderà dimora sulla terra, per la gioia di tutte le anime che ne erediteranno la gloria e la pace. Gloria a Dio nel più alto dei Cieli. Gloria a Cristo e a Gesù nostro Maestro. Gloria agli Angeli del celeste Regno. Gloria ! Gloria ! Gloria !” Il Consolatore – (Nicolosi, 30/1/1978 ore 11,29)
  • Altro fatto straordinario lo ripropone, sul conto di questi due Spiriti Divini, anche una testimonianza poco conosciuta, ma di grandissima importanza per gli iniziati di ogni epoca, con quanto ebbe a dire il Conte Alessandro di Cagliastro. “Cagliostro, siamo nel 1772, si imbatte nell’antica foresta che si estendeva intorno a Folkestone, nei pressi di Dover. Cagliostro si smarrì ed ebbe quella che egli descrive come una incredibile visione ad occhi aperti. Una voce gli disse allora: “Non temere, Enoch e Elia saranno con te, tu sei eletto a loro precursore!

Cagliostro si protese dinnanzi ai due personaggi con la fronte fino a terra dicendo:

“Eccomi pronto ai vostri cenni, che debbo fare?” La voce si fece di nuovo sentire e cosi parlò: “Tu non sei quel che credi e non credi quel che farai”. Chi sono io dunque – rispose – degnatevi di svelarmi questo mistero. “Non è ancora tempo – disse la voce – il tempo si accosta, il tempo verrà, il tempo non è ancora venuto. Vedrai visioni invisibili, comprenderai arcani incomprensibili e farai cose incredibili. Tu sei quel che sei, Enoch ed Elia saranno con te.
Va’, torna, ritorna, opererai grandi portenti, i tuoi discepoli saranno più numerosi delle dodici tribù. Dai confini della terra usciranno le tue meraviglie, Enoch ed Elia saranno teco e ti daranno il serpente con il pomo trafitto, per divisa di precursore, il tempo si accosta, il tempo verrà, il tempo non è ancora giunto. Il ciclo si compirà, va’, torna e ritorna, sarai potente in nome di Enoch e di Elia”.

Fonte:

Cagliostro e i Maestri Invisibili della Rosa+Croce in Inghilterra – Corrispondenza segreta sulla vita pubblica e privata del conte di Cagliostro

Editore Antonio Zappa – Venezia 1791

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